CLAUDIO FURCOLO
NOTA DI DOTTRINA
Estratto da “Mutualità Artigiana” Anno IV - Numero 10 - Ottobre 1967
Partecipazione dei sindaci alle riunioni dei Consigli di Amministrazione delle Casse Mutue Provinciali
Il Consiglio di Amministrazione della Cassa Mutua Provinciale è a struttura soggettiva plurima e, come tale, rientra nella più alta categoria degli organi collegiali, cui la dottrina ha avuto frequente occasione di rivolgere la propria indagine per ricercare in via di esegesi la natura e la funzione. E, con l’ausilio appunto della costruzione dottrinale, sarebbe di estremo interesse tentare di stabilire la collocazione dcl Consiglio di Amministrazione in senso alla Cassa Mutua, la sfera dei suoi poteri, i limiti alla sua attività ed a un tempo analizzare la sua composizione soggettiva per determinare i rapporti tra i membri e l’organo. Ma il tema proposto, nascendo dall’esigenza di definire quale sia il fondamento normativo o non normativo che legittima l’intervento dei Sindaci alle riunioni dei Consiglio di Amministrazione della Cassa Mutua, consente solo di accennare alla posizione giuridica dei membri del Consiglio quali titolari di poteri che si svolgono all’interno dell’organo di appartenenza. Il Consigliere ha poteri solo ed in quanto è membro del Consiglio. Il rapporto tra il membro e l’organo è appunto un rapporto di parte a tutto: stante l’inscindibile unità dei tutto nella funzione, la parte (Consigliere) ha soltanto poteri esprimibili nel tutto (Consiglio). Il Consigliere cioè non ha poteri esterni, ma può esercitare un complesso di attività la cui efficacia rimane circoscritta nell’ambito del Consiglio. La sua funzione appare perciò come interna corporis. volendosi significare che non si ripercuote al di fuori dell’organo. L’atto è del Consiglio, non del Consigliere che pure ha partecipato ad esso. Il procedimento di formazione della volontà dell’organo non rappresenta la proiezione della singola volontà dei consigliere ma costituisce la risultante di più volontà individuali (Collegio), ottenuta attraverso la valorizzazione giuridica della maggioranza. All’interno dell’organo dunque il Consigliere ha un complesso di poteri: capacità di elettorato attivo e passivo (elezione dei Presidente e Vice Presidente); diritto di parola e di voto su tutti gli affari di competenza del Consiglio (art. 12 Legge 29 dicembre 1956, n. 1533) e così via. Ma la titolarità di codesti diritti e capacità richiede dei presupposti. da cui non si può prescindere senza alterarne la natura giuridica. II presupposto primo è che il soggetto sia membro, cioè abbia conseguito l’investitura all’Ufficio: investitura elettiva (12 artigiani eletti dall’Assemblea) o non (esperti, ecc.) ma comunque valida. Se così è. come si spiega allora l’intervento dei Sindaci alle riunioni dei Consiglio di Amministrazione? Membri del Collegio Sindacale, essi non sono componenti dei Consiglio di Amministrazione e non possono essere titolari in seno a questo organo di tutti quei poteri che si collegano alla posizione giuridica di membro. Né il loro intervento si limita alla tacita assistenza allo svolgimento dci lavori dei Consiglio siccome nelle adunanze pubbliche estranei sono ammessi a seguire le operazioni dcl Collegio, ma l’intervento e più pieno si esprime financo in suggerimenti, in Consigli, orientamenti: ciò che presuppone un diritto in parola. La dottrina, constatando che l’ordinamento positivo attribuisce ad alcuni soggetti un diritto d’intervento negli organi collegiali, pur essendo estranei (vedi art. 126 T.U. com. e prov. 1915,art. 121 T.U. 26 giugno 1924, n. 1054 ecc.), ha elaborato la figura dei «membri interventori» membri cioè che pur non concorrendo alla composizione del Collegio, hanno però il diritto d’intervenire alle riunioni. L’intervento è esplicitamente previsto nella Legge. L’art. 11 della Legge n. 1533 distingue a proposito del Consiglio di Amministrazione della Cassa Mutua due figure di membri: membri con voto deliberativo e membri con voto consultivo, attribuendo poteri diversi. I membri con voto consultivo ben possono qualificarsi come membri interventori e, pur facendo parte del Consiglio, non entrano nel computo numerico dei quorum strutturale necessario alla validità delle adunanze. Ma non v’è nella Legge n. 1533 alcuna norma che prevede per i sindaci analogo diritto d’intervento. Ë perciò necessario indagare se esiste qualche altra disposizione che possa essere nel caso richiamata. La Magistratura, per il C.N.E.N., (C.A. Roma, 4 febbraio 1966, in Foro lt., gennaio 1967, 11, col. 32) ha affermato che il controllo «può attuarsi in modo pieno solo con l’assistenza dei Revisori alle sedute dell’organo che delibera sulla gestione dell’Ente» e che può richiamarsi «l’analogo istituto dei Sindaci delle Società per Azioni, dei quali l’art. 2405 cod. civ. dispone come doverosa l’assistenza alle adunanze dei Consiglio di Amministrazione...». I motivi che giustificano l’intervento dei sindaci sarebbero perciò quelli di assicurare la pienezza dei controllo sulla gestione dell’ente. 11 fondamento normativo sarebbe dato invece dal ricorso analogico all’articolo 240 cod. civ. che sancisce il dovere dei Sindaci di partecipare alle adunanze del Consiglio di Amministrazione e delle Assemblee, comminando la decadenza dall’Ufficio in caso di mancata ed ingiustificata assistenza. Ma può questa norma del codice civile essere invocata per affermare un diritto-dovere dei Sindaci d’intervenire alle riunioni di un organo collegiale di un ente pubblico, quale il Consiglio di Amministrazione della Cassa Mutua che ha dei poteri determinativi per legge e ha una propria autonomia organizzatoria? L’art. 12 delle disp. prel. al cod. civ. ammette l’analogia, quale strumento interpretativo, come ricorso alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe e, ancora persistendo dubbio, come ricorso ai principi generali dell’ordinamento giuridico. Ma, come afferma lo Zanobini, «posto che il diritto amministrativo costituisce un completo sistema giuridico, sarebbe errore ricercare in un diverso ordine di norme, particolarmente nel diritto privato, le fonti con cui colmare le lacune di quello». Se il ricorso a codeste norme è giustificato allorché la pubblica amministrazione agisce come soggetto di diritto privato, è però arbitrario quando, come nel caso, con essa analogia si tenta di richiamare norme statistiche per la disciplina di organi pubblici, quali appunto sono i Consigli di Amministrazione delle Casse Mutue. D’altra parte, recependo Part. 2405 cod. civ. e sostenendosi con tale fonte normativa il diritto-dovere d’intervento dei Sindaci alle riunioni del Consiglio di Amministrazione, bisognerebbe pure ammettere la decadenza di quei Sindaci che ingiustificatamente si astenessero dall’intervento. Ognuno però vede come ciò sia assurdo, poiché è principio consolidato di dottrina e di giurisprudenza che la decadenza dall’ufficio deve essere espressamente prevista senza possibilità di ricorso analogico. Pertanto è da escludere che nel caso possa farsi appello alle disposizioni dei cod. civ.. Non essendovi altre norme che dispongono in materia, manca un fondamento normativo espresso per stabilire il diritto d’intervento dei Sindaci alle riunioni del Consiglio di Amministrazione. E’ però noto che l’azione amministrativa deve essere ispirata non solo a dettati legislativi, ma anche ad un complesso di norme non giuridiche o metallurgiche che dir si voglia, le quali concorrono a formare il cd. merito amministrativo. Sono regole di correttezza amministrativa e di saggia amministrazione, di opportunità e di convenienza, che devono informare tutta l’attività di un organo amministrativo. L’organo stesso poi, e particolarmente l’organo di controllo, deve essere messo nella condizione di poter svolgere nel migliore nei modi la propria funzione. Ed è in queste regole inderogabili ed ormai consolidate che trova fondamento l’intervento dei Sindaci alle riunioni del Consiglio di Amministrazione della Cassa Mutua: fondamento dunque non espressamente normativo, ma comunque vincolante. Né l’intervento dei Sindaci altera la struttura del Consiglio: essi assistono alle operazioni senza avere i poteri dei membri, siano essi con voto deliberativo e consultivo. Si attua in tal modo una collaborazione interorganica, che, eliminando i compartimenti-stagno, soddisfa alle esigenze di perseguire i fini istituzionali senza sviamenti e all’insegna della correttezza.
Furcolo Claudio